Frankie Jonas, il fratello minore dei Jonas Brothers, ha dovuto lottare a lungo per staccarsi dal suo soprannome “Bonus Jonas” che gli arrecato grande dolore. Conosciamo meglio la sua storia.
Recentemente Frankie Jonas, il fratello minore dei celebri Nick, Joe e Kevin (sapete quali star Disney non andavano d’accordo? Leggete un po’ qui!), ha deciso di aprirsi al suo pubblico e di parlare di quel soprannome, “Bonus Jonas”, che tanto lo ha fatto soffrire.
Il piccolo Frankie aveva soltanto sette anni quando entrò nel mondo dell’intrattenimento. Oggi ha 20 anni e ha deciso di raccontare i retroscena di un nome che è diventato per lui un’ossessione.
Il suo primo ruolo è stato nel film d’animazione “Ponyo”. Purtroppo però non è riuscito a godersi il successo a causa di quel nomignolo che gli hanno affibbiato.
“Ho sempre odiato quel soprannome, gran parte del mio problema con l’essere esposto al pubblico era che ero visto come una versione mercificata di me stesso”.
Anche suo fratello Joe si è espresso in proposito:
“Mi sono rifiutato di chiamare Frankie ‘Bonus Jonas’ dopo che si è aperto con me su quanto fosse doloroso per lui. Ha perfettamente senso, e abbiamo avuto lunghe conversazioni e scuse a porte chiuse che hanno mostrato la mia comprensione e rispetto per i suoi desideri. Penso che sentirti come se fossi il secondo, il terzo o il quarto rispetto a qualcun altro non sia giusto; siamo tutti uguali. “
Frankie ha inoltre aggiunto che aveva soltanto 12 anni quando su Twitter ha letto per la prima volta dei commenti su di lui.
Alcuni erano veramente offensivi. Come Frankie ha avuto modo di ricordare:
“Erano tutte cose piuttosto orribili da leggere per un dodicenne, come: ‘Se mai ti sentissi dimenticato, ricorda questo ragazzo.’ Oppure: ‘Frankie Jonas è un sacco di merda senza talento.’
Era diventata una forma di autolesionismo per lui. Ogni giorno consultava i social per leggere questi commenti che sicuramente lo avranno ferito nel profondo.
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È importante parlare, soprattutto in questi ultimi anni, di questa piaga sociale che può diventare una malattia per chiunque, in particolar modo per dei bambini. Gli anni della crescita sono decisivi per la formazione di un bambino che sta scoprendo il mondo. E venire a sapere di queste ingiurie è semplicemente rivoltante.
Frankie fortunatamente è riuscito a uscire da questa spirale di autodistruzione.
Per tutti quelli che stanno leggendo e che si sentono vicini a questa storia pensiamo che parlarne, come ha fatto Frankie, con qualcuno di cui ci si fida può essere il primo fondamentale passo per riconnettersi con la vita e il mondo reali, dove i “leoni da tastiera” sono soltanto degli esseri insignificanti che tentano in ogni modo di rovinare la vita di coloro che invece hanno la possibilità di viverla meravigliosamente.
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